Google+ Il Giullare Cantastorie - Scrittori, artisti e band emergenti: Roberto Recchimurzo

Roberto Recchimurzo

Biografia

Sono nato nella città di Bari, alle nove e cinquanta circa, in un mattino di trentasette anni fa. Ho iniziato a dilettarmi nella scrittura quando ho cominciato a frequentare l’accademia di arti drammatiche nella città eterna (Roma). I miei racconti già allora promettevano qualcosa di diverso. Mi piace spaziare fra i generi e creare sempre qualcosa di unico e nuovo. Il mio obiettivo è stupire! Ho già pubblicato altri racconti (vedi Ho Formattato il Fisco e Bari Noir) ma con “Le Cronache di Aldimondo”, per me e per tutti voi, si aprono una serie di nuove ed avvincenti avventure. Attualmente lavoro come informatico. In quanto ai miei gusti, amo la musica, il cinema e viaggiare. Sono un accanito fan di Dylan Dog, colleziono Trolls Norvegesi. Leggo spesso, soprattutto racconti e romanzi di autori sconosciuti, che, a mio parere, a volte sono di gran lunga migliori di quelli dei “grandi”.


Pubblicazioni:

Bari Noir
Robert Remur nasce a Bari in una pallida notte di Settembre da madre francese e padre barese. Frutto di un amore indescrivibile. Lei una donna di classe, di alta classe, nata a Parigi fra l’arte e la moda. Lui, non avendo praticato la scuola, di nessuna classe, un grezzo gestore di una bisca clandestina abbastanza famosa. Così cresce fra coccole, alcolici clandestini, banchi di scuola, sigarette e traffico di stupefacenti. Ma nonostante tutto cresce molto bene, senza uno squilibrio mentale per la sofferta gioventù. Purtroppo però un incidente gli fa perdere i genitori in giovane età. Questo stress gli procura un fastidioso tic nervoso all’occhio sinistro che è consueto manifestarsi sempre e solo nel momento sbagliato e soprattutto nel posto sbagliato. Studierà per diventare poliziotto e, solo dopo, Detective. Da allora il crimine nella sua città avrebbe avuto i minuti contati. Tutto bene fino a un maledetto periodo pieno di sfortunati eventi. Ma proprio quando si cominciava a raschiare il fondo qualcosa stava per cambiare. A volte il passato torna a farsi vivo quando meno te lo aspetti e questa volta poteva essere addirittura una questione di morte. La posta in gioco alta. Un vecchio nemico nei paraggi andava fermato subito. La sua missione? Ripulire la città dalla feccia e riportare l’ordine.


Birra Noir
L’aggancio col titolo è immediato, suggerendo un parallelismo possibile tra birra e letteratura: un libro può essere considerato come un boccale di birra; talché lo si può leggere tutto d’un fiato o sorseggiare gradatamente. Ogni libro, come la birra, ha le sue sfumature e gradazioni, le sue tinte ed i suoi retrogusti possibili. Il libro di cui parliamo è “Birra noir”, scritto dal giovane autore barese Roberto Recchimurzo, già autore di “Le cronache di Aldimondo”; “Birra noir” è un piccolo libro – “formato mezza pinta”, proseguendo per analogia – che si muove sullo scenario cupo di atmosfere thrilling e allucinate, lo definiremmo una birra scura, sempre procedendo sulla linea delle similitudini a fermentazione variabile. Ambientato in una fosca e anonima città, nei giorni che precedono un Natale anonimo per un uomo reso fosco da una tragedia personale, “Birra noir” è un romanzo dal ritmo incalzante, la cui costruzione gioca sapientemente sul meccanismo di una suspense crescente, alimentata da un mistero che s’ispessisce progressivamente intorno agli eventi, mirabolanti e allucinati, che investono l’io narrante; eventi scanditi da una progressione numerica schizoide e criptica che contribuisce a rendere più denso (più “schiumoso”, se vogliamo ancora attingere ad aggettivi che ben s’accompagnino alla birra), l’intrico della trama. Il ritmo della narrazione è in linea con la concitazione dell’azione, che si sviluppa rapida, a tratti frenetica, avvolta per lo più dalle atmosfere cupe proprie di un thriller che strizza l’occhio al pulp. Contribuisce in maniera determinante a veicolarne l’andamento narrativo l’architettura sintattica del romanzo, che si fonda su di una scansione paratattica, fondata su un periodare conciso e immediato, che va a tutto vantaggio della scorrevolezza narrativa; è un procedere come per lampi, accompagnando il protagonista, quasi annegato nel proprio cinico disincanto, in una sorta di discesa agli inferi, specchio torbido di un’anima irredenta, chiamata ad affrontare i propri spettri mediante la prova del fuoco di un delirio allucinato. Il tutto scandito dalla birra, passione costante e irrinunciabile del protagonista, celebrata a margine in ogni fin di capitolo con un aneddoto, una spigolatura, un consiglio utile sugli impieghi più o meno convenzionali della bevanda a base di malto e luppolo che la tradizione (o per meglio dire, una delle tradizioni) attribuisce all’estro di Gambrinus. La birra è il filo conduttore, la fedele compagna che segue passo dopo passo il protagonista, magneticamente condotto a seguire la scia spumosa di un destino da compiersi e che giungerà all’epilogo – che ovviamente non sveliamo – concludendosi con un finale che può richiamare alla mente situazioni e sensazioni del “Canto di Natale” di Dickens. In attesa che magari possa trovare l’editore reclamato nella quarta di copertina, leviamo in alto il boccale in un brindisi benaugurante.

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